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Artista di eccellenza: pensieri di Vittorio Vettori su M.B. Coppi

 

Il mestiere delle armi ; ecco il gran tema pittorico di Maria Beatrice, come cifra espressiva nonchè, a ben guardare, espressionistica, di una tensione interiore che è la medesima a rendere in totale autonomia unico e incomparabile l’omonimo film capolavoro di Ermanno Olmi, dove il protagonista, Giovanni dei Medici detto delle Bande Nere, si eleva lentamente alla dignità di Christus patiens, sulla linea paradigmatica di una evoluzione spirituale che il giovane scrittore italiano Marco Lodoli ha colto con geniale puntualità in una cronaca cinematografica da considerare memorabile ed esemplare, uscita sul settimanale “Diario”. Incredibilmente Maria Beatrice aveva anticipato con la sua arte figurativa il gran film di Ermanno Olmi, proiettado sul proprio antenato Lucantonio, già amico e poi luogotenente di Giovanni delle Bande Nere, la stessa identità cristologica del condottiero mediceo. Scriveva Lino Rossi negli anni ’80 in un suo articolo pubblicato sul quotidiano milanese “Il Giorno”: le ultime opere di Maria Beatrice Coppi ci presentano battaglie e crocefissioni, in una rappresentazione globale che coinvolge e cielo e terra e anche mare, in una battaglia fra dei guerrieri e una nave tanto assurda sul piano razionale quanto sul piano emotivo, vera e viva. Risognando in chiave riflessiva il sogno della mostra d’arte di Maria Beatrice, mi faccio accompagnare da quell’incomparabile Mèntore discreto e sagace che Sergio Denti di fatto è, sempre pronto ad interloquire con la festosità naturale della sua generosa amicizia. Prendendo spunto dall’evidente ma mai abbastanza sottolineata consonanza esistente circa il mestiere delle armi, fra l’opera artistico-letteraria di Maria Beatrice, e il capolavoro cinematografico di Ermanno Olmi, Sergio si aggira con discorsiva disinvoltura nell’onirico Nonluogo dov’è ospitata la Mostra e abbondando senza fatica nè ostentazione di riferimenti e richiami in analogie e connessioni tra sincronia e diacronia – mi permette di cogliere contestualmente nell’arte di Maria Beatrice la tensione interiore che unisce l’epicità tipicamente emiliana della ‘officina ferrarese’ così vicina congenialmente al genio interpretativo di Roberto Longhi, alle odierne suggestioni europee dell’iconografia cristologica di Rouault, l’influsso prestigioso di Arturo Martin e quello non meno intenso ed energico di Lorenzo Viani, la musicalità policroma e ascensionale della pittura di Henri Matisse alla rigorosa essenzialità neoetrusca e neogreca di Marino Marini e di Francesco Messina , la monumentalità inquieta di Mario Sironi e quella senz’ombre e senza incertezze di Emilio Greco.­­

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