volti della memoria

I volti della memoria

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Nell’alveo fascinoso di un figurativo arricchito con molteplicità di stimoli e accezioni si evolve, insieme alla sua maggiore intonazione, l’esclusivo esercizio creativo di Maria Beatrice Coppi. Riferimento precipuo l’uomo, nell’interezza del suo essere fisico, metafisico, esistenziale. Ogni opera ne stabilisce l’incontro di corpo e anima, razionalità e sentimento, mito e verità. Elementi in contrapposizione che giungono a contatto senza stridere le corde della poesia ed evidenziando il dualismo ancestrale fra materia e spirito. Si spiega in questi termini il ricorso frequente al tema della battaglia. In esso si rispecchiano le continue lotte interiori fra bene e male, contrasti che pervengono alla soluzione mediante l’intervento della volontà umana. Così gli episodi bellici assumono un significato assoluto, valido oltre le coordinate spazio-temporali fornite dall’artista. A prescindere dal cambiamento dei costumi e dall’evoluzione tecnologica, l’immutabilità delle passioni rappresenta la radice più profonda dei conflitti personali come delle guerre planetarie. Muovendo da una sfera intimistica, Maria Beatrice Coppi rivolge la propria analisi al mondo contemporaneo, individua i mali che affliggono il nostro tempo e li denuncia adottando scelte poetiche e allusive di forte impatto emotivo. L’equilibrio pacato, segno distintivo dei suoi lavori, vacilla travolto dall’intensa partecipazione interiore manifestata con efficacia espressionistica. Tuttavia, anche nelle realizzazioni più toccanti, la figura resiste al tumulto dell’emozione. L’irrazionalità del dolore trova un argine robusto nella perfezione del corpo umano che diviene inconfutabile principio costruttivo del reale. La cifra stilistica di quest’artista rimane la classicità. Un richiamo alla civiltà antica esplicitato in moduli compositivi sobri, ispirati a prestigiose testimonianze artistiche del passato. I riferimenti riguardano anche i soggetti rappresentati. Spesso si tratta di creature mitiche, divinità del Pantheon greco-romano a cui viene affidato il compito di evocare le suggestioni fascinose della mitologia. Non si tratta di una riproduzione pedissequa di temi obsoleti. I dipinti propongono una rilettura originale dell’ingente patrimonio culturale ab antiquo. I procedimenti creativi utilizzati riportano le figure sul piano della realtà rendendo palpitante la sostanza inerte di cui si compongono. La diatomea polverizzata, oltre a racchiudere in sè la vita, dona alle immagini l’evidenza plastica delle forme tridimensionali. L’ambiguità tra immagine e oggetto si riflette all’interno dell’opera nell’opposizione fra scultura e corpo umano. L’algido distacco caratteristico della statua si scioglie in fremito accalorato. Un processo inverso alla genesi artistica riconduce l’ideale astratto al suo modello ispiratore: la materia esangue si riappropria della sensualità terrena della carne. L’attitudine materica di Beatrice Coppi si esprime al meglio nelle opere scultoree realizzate in enfero e gres. Si tratta di entità vigorose, costituite da piani sovrapposti compenetrati sui quali la luce scopre volumetrie monumentali. La ricerca spaziale sviluppa una percezione essenziale della forma, finalmente liberata dalla sterile notazione del dettaglio. Ulteriori evoluzioni poetiche ispirano all’artista soluzioni espressive che oltrepassano l’orizzonte della figurazione. L’intenso apporto emozionale si manifesta nei dipinti più recenti, di chiaro orientamento informale. La pittura, incalzata da brividi e ansie, tumulti e infatuazioni, riecheggia in lontananza una dolente memoria. Tacendo, l’ascolti più vicina anche di un cuore che non ha smesso di battere. E’ il cuore grande e generoso di Maria Beatrice Coppi.

Di Giovanni Faccenda.

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